2025: ANNO DA NON SPRECARE

 

 

(13) “Il perdono e la festa”

 

 

 

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La efficacia dei gesti e delle parole dipendono, in buona parte, dalla affidabilità, dalla onestà, dalla competenza, dalle motivazioni, dalle possibilità di chi li compie o le pronuncia.

I sacramenti sono gesti e parole la cui efficacia è garantita dal “protagonista”: Dio. Gli “attori” intermediari li possono anche manomettere ma, fortunatamente non vanificarli. Mai!

Se nella celebrazione di un sacramento si usano le parole: “ti assolvo, ti perdono, va in pace” accompagnate dal segno della croce che ricorda il sacrificio redentore di Cristo, il destinatario del rito può essere sicuro che in quel momento si realizza per lui quanto riferito nella parabola evangelica del Padre che accoglie, al suo ritorno, il figlio allontanatosi da casa: “Quando era ancora lontano, suo Padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo baciò (Lc 15, 20). Ma il racconto è una vera guida al sacramento della confessione: il giovane, esaurito l’entusiasmo per la conquistata autonomia e indipendenza, si era sottoposto a seria verifica - che noi chiamiamo esame di coscienza - : “Allora tornò in se stesso e disse (…) Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te: non sono più degno essere chiamato tuo figlio… (ivi 17…18); e siamo alla pubblica ammissione, confessione del proprio fallimento: bersaglio mancato!.  E, finalmente, con decisone, proposito fermo e grande fiducia nella comprensione del padre: “si alzò e tornò da suo padre” (ivi 20).

Non è detto che tu ti debba riconoscere nel vissuto di questo ragazzo, no! Forse però, dopo una accurata analisi ti scoprirai infetto della malattia del terzo attore, anch’egli protagonista, della parabola: il figlio e fratello maggiore. Egli non ha mai sbattuto la porta di casa! Anzi, al ritorno dal lavoro, può dire al padre, che lo invita ad entrare per riabbracciare il fratello: “Ti servo da tanti anni e non ho mai disubbidito ad un tuo comando e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici” (ivi 29).

Sant’Agostino, a conclusione della Regola che lascia ai suoi discepoli, scrive:” Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come servi sotto la legge , ma come uomini liberi sotto la grazia” (Reg 48). Non per calcolo ma per amore, sorridendo; soprattutto sorridendo con gli occhi, finestre de il cuore!

Non conta solo cosa abbiamo fatto o non fatto: ma perché, per chi abbiamo agito; se spinti e motivati dall’egoismo o dall’amore!

Ci avviciniamo alla Pasqua: rientriamo in noi stessi, torniamo a casa, chiediamo scusa, riprogettiamo realisticamente il futuro! Non dovremo bussare, la porta è aperta e, sulla soglia, le braccia accoglienti per un caldo benvenuto, bentornato!

E facciamo festa! Facciamo festa!

 

 

 

a cura di “p.angelo@oadnet.org”

 

                                           

 

 

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Ultimo aggiornamento: 16-04-25