La efficacia dei gesti e delle parole dipendono, in buona
parte, dalla affidabilità, dalla onestà, dalla competenza, dalle
motivazioni, dalle possibilità di chi li compie o le pronuncia.
I sacramenti sono gesti e parole la cui efficacia è garantita
dal “protagonista”: Dio. Gli “attori” intermediari li possono anche
manomettere ma, fortunatamente non vanificarli. Mai!
Se nella celebrazione di un sacramento si usano le parole: “ti
assolvo, ti perdono, va in pace” accompagnate dal segno della croce che
ricorda il sacrificio redentore di Cristo, il destinatario del rito può
essere sicuro che in quel momento si realizza per lui quanto riferito
nella parabola evangelica del Padre che accoglie, al suo ritorno, il
figlio allontanatosi da casa: “Quando era ancora lontano, suo Padre
lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo
baciò (Lc 15, 20). Ma il racconto è una vera guida al sacramento
della confessione: il giovane, esaurito l’entusiasmo per la conquistata
autonomia e indipendenza, si era sottoposto a seria verifica - che noi
chiamiamo esame di coscienza - : “Allora tornò in se stesso e disse
(…) Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato verso il
Cielo e davanti a te: non sono più degno essere chiamato tuo figlio…
(ivi 17…18); e siamo alla pubblica ammissione, confessione del proprio
fallimento: bersaglio mancato!. E, finalmente, con decisone, proposito
fermo e grande fiducia nella comprensione del padre: “si alzò e tornò
da suo padre” (ivi 20).
Non è detto che tu ti debba riconoscere nel vissuto di questo
ragazzo, no! Forse però, dopo una accurata analisi ti scoprirai infetto
della malattia del terzo attore, anch’egli protagonista, della parabola:
il figlio e fratello maggiore. Egli non ha mai sbattuto la porta di
casa! Anzi, al ritorno dal lavoro, può dire al padre, che lo invita ad
entrare per riabbracciare il fratello: “Ti servo da tanti anni e non
ho mai disubbidito ad un tuo comando e tu non mi hai mai dato un
capretto per far festa con i miei amici” (ivi 29).
Sant’Agostino, a conclusione della Regola che lascia ai suoi
discepoli, scrive:” Il Signore vi conceda di osservare con amore
queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti
dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come
servi sotto la legge , ma come uomini liberi sotto la grazia”
(Reg 48). Non per calcolo ma per amore, sorridendo; soprattutto
sorridendo con gli occhi, finestre de il cuore!
Non conta solo cosa abbiamo fatto o non fatto: ma perché, per
chi abbiamo agito; se spinti e motivati dall’egoismo o dall’amore!
Ci avviciniamo alla Pasqua: rientriamo in noi stessi, torniamo
a casa, chiediamo scusa, riprogettiamo realisticamente il futuro! Non
dovremo bussare, la porta è aperta e, sulla soglia, le braccia
accoglienti per un caldo benvenuto, bentornato!
E facciamo festa! Facciamo festa!
a cura di “p.angelo@oadnet.org”